Bogliolo/Nuzzi alla Roma-Barcellona

Il Circolo Nautico Livorno conferma la sua dimensione internazionale

I nostri ragazzi non stanno mai fermi .
Non ti puoi proprio distrarre un attimo, sei concentrato sulla Settimana Velica e qualcuno ad un certo punto ti dice che il nostro allenatore di punta, Alberto Nuzzi, è arrivato terzo alla regata d’Altura Roma-Barcellona.
L’orgoglio amaranto/labronico targato CNL subito si riaccende e vuoi correre ai ripari dandone degna divulgazione.

La regata è partita da Riva di Traiano (Roma) il 24/04/2024 alle ore 12 e si è conclusa a Barcellona il 28/04/2024, dopo 3 giorni 23 ore 33 minuti e 48 secondi per un totale di 540 miglia con due sole persone di equipaggio e su di una barca di 6,50 metri non ancora perfettamente a punto.
La regata si è snodata prima tra l’Argentario e le isole dell’Arcipelago toscano per poi dirigersi ,una volta doppiato Capo Corso, direttamente su Barcellona attraversando il Golfo del Leone.

I complimenti che ci vengono dopo il successo delle Regate della Classe Open Skiff, svolte nell’ambito della Settimana Velica che ci ha visto protagonisti sia in mare che a terra con la Conferenza il Mare Davanti a Noi, sono legati alla ottima qualità complessiva dei nostri collaboratori. Tra questi Alberto Nuzzi sta dimostrando un attaccamento al Circolo che merita davvero essere enfatizzato. La classe Optimist che comprende bambine/i fino a 12/13 anni necessita di una gestione molto delicata ed in questo Alberto sta dimostrando tutte le sue qualità umane e tecniche.

Riporto integralmente la cronaca di questa entusiasmante cavalcata compiuta da Alberto Nuzzi assieme a Matteo Bogliolo del Circolo Nautico Rapallo e titolare della barca:
“Speedy Banzai, la nostra barca, tocca l’acqua una settimana scarsa prima della partenza: poco tempo per provarla, capirla, prepararla. Optiamo per un allenamento-trasferimento, in modo da testare una navigazione più lunga incontrando condizioni diverse. Facciamo base tre giorni a Livorno, dove l’emozionante accoglienza del Circolo e l’aiuto in cui nelle sue varie forme si è prodigato, dall’officina alla cucina, regala una grande carica morale! A Riva di Traiano, porto di partenza, ci presentiamo con una barca ancora un po’ lontana dall’essere pronta per una regata del genere; ne siamo consapevoli fino ad un certo punto, perché è un tipo di barca nuova (per noi, per tanti) e un tipo di regata nuova (per noi). Recupera una carta nautica, passa i cavi nell’albero, metti i numeri sulla vela. Passiamo i controlli di sicurezza. Inizia a imbrunire, mentre gli altri equipaggi studiano routage e waypoint, noi siamo ancora con le mani sporche per gli ultimi lavoretti. Ma non ce n’è, ormai siamo della partita, qualche ora di sonno e l’indomani si va.


La regata inizia difficile per il poco vento e il cercar di capire come fare avanzare questa saponetta contro l’aria leggera e l’onda lunga. Siamo già un po’ dietro, proviamo a far qualcosa di diverso da chi è davanti. All’Argentario, agganciamo una brezzolina post bonaccia, che andrà ad aumentare di notte. Troviamo un buon assetto e recuperiamo sul gruppo.
In queste regate è vietato l’uso di gps cartografici e anche di supporti internet o di contatto con l’esterno. Abbiamo un waypoint vicino Pianosa sbagliato, nel dubbio passiamo esterni e facciamo solo strada in più, fatale per non evitare l’abbonacciata in Capraia, mentre i primi riescono a scapolare. Teniamo duro, torna un po’ d’aria, prua sulla Giraglia. Inizia il difficile: non vedere più gli altri, la stanchezza e la meteo che mette alla prova; soprattutto l’autopilota (essenziale per questo tipo di navigazione) ci pianta in asso piscettando olio dappertutto. Da lì in poi ci spariamo più di 300 miglia sempre al timone.
Temporalone, poi bonaccia in una prateria di velelle, coi pesci luna che ci fanno segno di non mollare, o più probabilmente ci prendono in giro. Tanti pesci luna, uno gigante! Ci avviciniamo al rock’n’roll, rotta alta verso le Porquerolles, porta d’ingresso al temibile Golfo del Leone. Qualche uccello si piazza a bordo, scroccando un passaggio di miglia. L’aria inizia a salire e salire, si fa sul serio. Incrociamo uno tra i più esperti della flotta che cambia rotta e si allontana verso sud, riusciamo a carpire anche qualcosa via radio. Ci fidiamo del saggio spagnolo e anche noi ci allontaniamo un po’ dai possibili 40 nodi paventati nel briefing meteo pre partenza. Si inizia a volare, la barca plana a velocità folle. Una mano sul timone, l’altra appesa da qualche parte ad aggrapparsi. Nei turni successivi perdiamo di vista anche le ultime poche barche. Il vento cala e noi, golosi, decidiamo di tornare un po’ a nord. Sarà la mossa sbagliata, eravamo nel gruppetto e non lo sapevamo. Pensavamo di essere i più a sud e invece dovevamo solo tirar dritto aspettando la rotazione del vento. Qualche errore nelle manovre, che ci spezza i turni e ci fa riposare sempre meno. Sul dritto siamo veloci. Il mare monta e si fa molto incrociato, onde piramidali poco gestibili che ci prendono a schiaffi, la barca è una freccia ma sbatte e si contorce. Il vento non si decide a stabilizzarsi e ogni tanto torna a toccare punte di 30nodi. Da qui in avanti tanta fatica, fa freddo, le ondate e la pioggia ci hanno ormai resi fradici. Dormiamo turni di un’ora a testa senza levarci la cerata. Lo strumento mostra che mancano meno di 100 miglia al waypoint di arrivo, dobbiamo tenere duro ancora una quindicina di ore. Gli occhi si chiudono al timone e la barca produce rumori sempre nuovi.


Ma fermi tutti..i delfini ci corrono a fianco festosi, la schiuma della barca eccita la bioluminescenza del plancton creando una scia verde fluo dietro di noi. Anche i delfini creano la loro scia fluorescente e sono comete in un cielo liquido. Tre balenottere passano a controllare se va tutto bene, generando sempre un’emozione nel piccolo essere umano sopraffatto dalla meraviglia. Rischio incredibile invece di fare un frontale con una tartaruga grossa come un motorino, che sfila per un pelo di lato mentre galoppiamo al lasco.
Le ultime miglia sono le più dure, non passano mai, il mare incrociato ci sballotta e noi siano stanchi e infreddoliti. Menomale la scelta di stare alti paga e troviamo un buon angolo di prua per prenderci Barcellona. Il gommone del comitato di regata esce dal porto, avvistiamo la boa di arrivo ed è fatta. Abbraccio sentito e sincero tra compagni di avventura. Scopriamo le barche che ci precedevano essere arrivate da non molto, siamo rimasti tutto sommato attaccati al trenino. A terra ci riconsegnano i telefoni: non si stava così male, aspetto un’oretta prima di accenderlo.
I giorni seguenti grande clima di solidarietà internazionale a fare colletta tra tutti dei pochi vestiti asciutti, tante conoscenze e confronto umano e marino, una flotta di marinai senza tanti fronzoli.
Per quel che vale, alla fine tra i prototipi siamo terzi di categoria e ci è toccato pure un gradino del podio, sul quale salire fa sempre piacere.”